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I BORTOLIN. ALLEVARE VITI

I Bortolin, cognome di larga diffusione nelle terredavino di Santo Stefano. Tutti discendenti di quel Bortolo di cui nulla si sa.
O, meglio, qualche indizio ci giunge dalla lettura dell’elenco delle anime di Santo Stefano nel 1699, redatto da un pignolo Pre’ Gio Batta Bertuolo secondo parroco reggente della giovane parrocchia di Santo Stefano.

Ci troviamo Jacomo della Pietà di anni venti, proviene dall’ospizio di Treviso e lavora a servitù dal nostro Santin Bortolin. Capostipite? Patriarca? Chi lo sa! Sta di fatto che i nostri sono conosciuti con il soprannome di Santin. E il cerchio si chiude.

Per dire soltanto che questa gente è ben radicata su questa terra benedetta. E ha fatto esperienza e storia.

Santo
Stefano È

È uno dei borghi costitutivi della Valdobbiadene. Frazione viticola per tradizione e per eccellenza. Dista dalla piazza principale quattromila metri.

È una manciata di case buttate lì un po’ a caso lungo l’asse del suo torrente fiume, il torrente la Teva

Padre e madre assieme. Lungo il suo corso hanno attinto vita e forza, nei secoli, diverse ruote da mulino generando le prime attività protoindustriali.

Maglio da fabbro, mulini da farina e folli per la battitura della lana, da cui la località omonima. E poi, a seguire, lavoro di stalla e di alpeggio ad alimentare, negli anni d’oro, due latterie fulcro di commerci e scambi, poi tornati utili nella grande epopea del Prosecco.

Prosecco, fenomeno sedimentato nei secoli che ha trovato qui nel corso del ‘900 la migliore espressione; per la terra aperta ai venti salubri che nascono dalla montagna alle sue spalle per disperdersi nelle acque gorgoglianti della vicina Piave.

Terra baciata dal sole ogni giorno dell’anno. La combinazione magica tra la terra, il sole e la sapienza contadina fanno di questo borgo un mondo a sé. I suoi pochi abitanti, circa 500, concorrono tutti come in un’unica cantina diffusa, a creare quella che ora in tanti conoscono per qualità santostefano.
La piccola cantina di Alessandro Bortolin fa parte di questa armoniosa tessitura dove nasce, come in un arazzo medievale, il racconto della gioia.
Dalle nostre cantine lo sguardo spazia a Sud verso la laguna veneta, con Venezia in bella evidenza e a Nord è risucchiato dall’incombente montagna prealpina, preludio alle rocciose vertigini dolomitiche. Nelle vicinanze la Maser del Palladio, Asolo della regina Cornaro, la Possagno del Canova, la nobile Feltre, la marca gioiosa e… il Veneto.

IL TERRITORIO
DOVE
IL PROSECCO
È SUPERIORE

La zona di produzione del Valdobbiadene Superiore DOCG si estende in 15 comuni tra le città di Conegliano e Valdobbiadene. Si sviluppa su un’area agricola di 18.000 ettari.
Dei 7.000 ettari a vigneto specializzato Alessandro Bortolin ne coltiva ben 11.

LA VITE, LA TERRA, IL SOLE, IL VENTO, LA MONTAGNA

La vite Glera, che produce l’uva Prosecco, ha iniziato la sua secolare storia nel Carso triestino e ha trovato nelle colline di Valdobbiadene, dopo anarchico peregrinare, il suo luogo magico.

Qui il clima, la terra e la sapienza contadina hanno amalgamato una miscela armoniosa concentrata nelle uve Prosecco delle nostre vigne.
La composizione del terreno, affiorato dai fondali marini, è variamente strutturata con un grande apporto di microelementi che trasmettono alle frutta e poi al vino l’equilibrata sapidità che ben conosciamo. La nostra vite Glera attinge la forza da questa terra benedetta, che non ha eguali, e il sole e il vento completano l’opera con il loro lavorio inesausto e capillare.

La montagna che ci sovrasta a Nord protegge e ripara dai geli invernali e dai torridi caldi agostani. Tutto qua. Infine il saccheggio, tra le vigne, dell’avido autunno e il quotidiano e paziente lavoro di cura in vigna e in cantina.